Dopo l’espulsione della Jugoslavia nel 1948 dal Cominform (Ufficio d’informazione comunista) – l’organizzazione dei partiti comunisti – e le crescenti tensioni con il blocco sovietico, la Bosnia divenne centrale nella strategia di autodifesa di Tito. Il concetto di “All People’s Defence” ideato da Tito, integrava tutti i cittadini nella difesa della federazione. Il servizio militare, il servizio al lavoro, la difesa civile e il contributo materiale erano obbligatori. Strutture militari e di difesa furono costruite su larga scala in tutte le Repubbliche, anche grazie alla massiccia assistenza finanziaria degli Stati Uniti.

Tra i progetti ingegneristici legati alla difesa possiamo trovare nella città di Konjic, circa 40 chilometri a sud di Sarajevo, la fabbrica sotterranea di armi Igman (con cinque gallerie che racchiudono 20.000 metri quadrati) e il centro sotterraneo di comando e controllo della guerra atomica, il bunker OBJECT ARK. Il bunker fu codificato come D-0, il più rigoroso segreto di stato. Situato nel mezzo della montagna di Zlatar, ad una profondità di circa 300 metri, su un’area di 6.500 metri quadrati, il progetto fu completato dopo 26 anni nel 1979, un anno prima della morte di Tito.

La costruzione antiatomica doveva funzionare, in caso di attacco nucleare, come centro operativo militare e rifugio per il presidente Tito, sua moglie e i rappresentanti della classe dirigente politica e militare, 350 persone in  totale. Potevano vivere e lavorare lì per sei mesi senza mai uscire. L’ARK fu tenuto segreto per 30 anni, la sua esistenza era nota, oltre che a Tito, solo a pochissimi generali e soldati che sorvegliavano l’edificio dopo il suo completamento, fino alla separazione della Bosnia dalla Jugoslavia nel 1992.

ARK D-0 esiste oggi solo grazie alla guardia militare bosniaca che ha rifiutato di eseguire un ordine dall’alto comando serbo a Belgrado, il quale nel 1992 voleva far saltare il bunker. Da allora l’edificio è ancora nelle stesse condizioni in cui si trovava durante l’era jugoslava, con tutti i suoi arredi, i cartelli, i simboli e le attrezzature originali ancora intatti. L’intera struttura e i suoi elaborati sistemi di riscaldamento e ventilazione sono rimasti pienamente funzionanti, anche durante la guerra del 1992-95.

Il cartellone di propaganda raffigurato nell’immagine usata per l’installazione Silence is violence si trovava nei pressi dell’impianto atomico di Hanford a Washington, USA, istituito nel 1943 come parte del “Progetto Manhattan”, il programma top secret per la bomba atomica condotto durante la seconda guerra mondiale dagli Stati Uniti. Il progetto è stato poi ampliato negli anni della guerra fredda. I lavoratori e gli abitanti che vivevano nelle vicinanze furono minacciati e obbligati a mantenere la segretezza sulla costruzione. La stessa logica è stata imposta in Bosnia e in questo specifico contesto a Konjic, per quanto riguarda il bunker sotterraneo D-0 ARK e la fabbrica di munizioni Igman situata accanto ad esso.

La memoria collettiva delle persone che vivevano e lavoravano a Konjic in quel periodo racconta che gli operai del bunker dovettero firmare contratti di segretezza, il che significa che non avrebbero detto a nessuno per cosa, chi e dove stavano lavorando; gli operai erano bendati quando venivano trasportati al cantiere, potendo togliere la fascia solo una volta dentro; non conoscevano la portata del loro duro lavoro; dato che le gallerie del bunker e della fabbrica erano fianco a fianco molti operai credevano di lavorare nel sito della fabbrica, pur essendo in quello del bunker; le squadre di operai cambiavano spesso; gli operai venivano trasferiti in Bosnia da altre repubbliche; per la realizzazione delle strutture ci sono volute anche molte vite, non è passato un solo turno senza una vittima.

Queste sono le poche informazioni che ho potuto mettere insieme sui lavoratori e le loro condizioni di lavoro, nessuna inchiesta approfondita e documenti scritti sono stati trovati. Con la dissoluzione della Jugoslavia la JNA (Esercito Popolare Jugoslavo) ha riportato in Serbia tutti i documenti relativi al sito. Tutti i documenti top secret non possono essere resi pubblici prima che siano passati 50 anni. Nel caso del bunker, in funzione dal 1979, dovremmo aspettare fino al 2029 per avere accesso a questi archivi.

 

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Quando la guerra arrivò in Jugoslavia non era quella per la quale il bunker fu costruito. Le armi e le munizioni che nel corso degli anni furono prodotte anche a Konjic e distribuite alla popolazione in tutta la Jugoslavia per sconfiggere il nemico esterno, sono state poi utilizzate per uccidere i propri vicini.

La fabbrica Igman è una struttura di diversi tunnel costruita nel 1950 all’interno di una montagna, proprio come il bunker a fianco. Come menzionato nel sito web della fabbrica, agli albori la Igman produceva munizioni esclusivamente per l’esercito nazionale jugoslavo, ma già nel 1952 parte della sua produzione fu esportata all’estero. Da allora l’azienda ha continuamente aumentato le esportazioni dei suoi prodotti, diventando uno dei più grandi produttori di munizioni per armi di piccolo calibro in tutto il mondo.

A causa della guerra la fabbrica non fu presente sul mercato internazionale per quattro anni, ma non smise mai di produrre. Durante la guerra diversi gruppi si armarono rubando armi e munizioni dalla fabbrica.

Le merci della fabbrica non servirono solo alla guerra interna, ma il loro effetto si diffuse in tutto il mondo attraverso diversi tipi di affari e traffici, regolati o meno. Solo pochi anni fa le munizioni Igman sono state trovate sulla scena del massacro di Charlie Hebdo a Parigi.

Nell’articolo “Come hanno fatto i terroristi di Parigi a procurarsi le loro armi?” di Harriet Alexander del giornale inglese The Telegraph, si dice che il viceministro della difesa della Bosnia ed Erzegovina, Zivko Marjanac, ha confermato che uno dei bossoli porta il marchio “IK”, che denota la fabbrica Igman di Konjic, aggiungendo che le munizioni sono state prodotte nel 1986. Marjanac dice che tali munizioni possono essere trovate nei magazzini delle forze armate della BiH, così come in quasi tutte le case del paese. Ricorda che la fabbrica faceva parte dell’Esercito Popolare Jugoslavo (JNA) e che forniva munizioni alle caserme dalla Slovenia alla Macedonia, oltre alle esportazioni negli Stati Uniti e in tutti i paesi d’Europa. “Non sappiamo da dove sia arrivato, ma è stato effettivamente fabbricato in Bosnia”, ha detto Marjanac. “Abbiamo avuto una guerra qui e ancora oggi una casa su due ha 20 proiettili – come possiamo sapere che qualcuno non li ha venduti privatamente?”

La stella a cinque punte che era posizionata al centro della bandiera jugoslava simboleggiava, tra le altre cose, le cinque dita della mano del lavoratore. L’installazione anamorfica This-harm che ho creato appositamente per la mostra TITO’S BUNKER a Konjic è composta da un’esplosione di proiettili originali della fabbrica Igman di Konjic che puntano uno contro l’altro e formano il profilo di una stella, quest’ultima visibile solo da una specifica prospettiva.

 2017 A5 8pages/B&W Xerox - Zine autoprodotto con il testo che trovate in questa pagina, scritto in inglese e bosniaco

Come menzionato in un articolo scritto nel 2015 da Elvira M. Jukic, il Ministero della Difesa della Bosnia Erzegovina – che era ufficialmente responsabile del bunker – ha deciso nel febbraio 2015 che il bunker non era né necessario né adatto a futuri usi militari. Con una manutenzione stimata a circa 5.000 euro mensili, l’ARK D-0 sembrava essere troppo costoso da gestire per qualsiasi istituzione o azienda della Bosnia, così ognuna di loro ha rifiutato di assumersi qualsiasi responsabilità per esso. In una dichiarazione scritta, il governo della Federazione dichiara di aver ufficialmente consegnato il bunker alla società produttrice di munizioni Igman che come sappiamo oramai ha una fabbrica situata vicino al bunker stesso.

Dzahid Muradbegovic, direttore della Igman Konjic, ha recentemente dichiarato ai media che l’azienda non ha i soldi per mantenere l’ARK D-0 e che hanno solo chiesto al governo della Federazione il permesso di utilizzare alcune delle strutture del bunker per la produzione e lo stoccaggio delle merci.

Alla richiesta di un commento, il governo della Federazione ha semplicemente ribadito che il bunker era già stato consegnato a Igman Konjic per un periodo di cinque anni. Informazioni pubbliche più aggiornate e accessibili sono difficili da trovare al momento.

Oggi il bunker è uno spazio ibrido. Un’area militare, un’attrazione turistica che appare nella brochure dell’ufficio del turismo locale e uno spazio per una mostra d’arte contemporanea permanente. Il suo futuro non è scritto, ma dato che le attuali relazioni politiche internazionali sono piuttosto tese in questi giorni, non gli esseri umani ma le opere d’arte possono paradossalmente vivere abbastanza al sicuro e protette laggiù!

Annalisa Cannito (2017)

Mostre:

2017 “Titos Bunker” Württembergischer Kunstverein, Stuttgart (Germany) // May 7- August 6, 2017

2017 “Titos Bunker”, 4th Project Biennial at the D-0 ARK Underground, Konjic (BH) // April 21 – October 21, 2017 (installazione permanente)

Stampa:

Manuela Pacella su CheFare 

Sabine Weiner su Camera Austria 139

Mirsada Ćosić su Slobodna Evropa

Mirela Sekulić su Oslobodjenje

Citazioni:

TAU (franciscaans leven vandaag) nella poesia “Kogels en wapens”